Successo del Festival DocuDonna

06 novembre 2023

Docudonna 2023

Si è conclusa a Massa Marittima la quinta edizione del festival internazionale del documentario a regia femminile “DocuDonna“, diretto e ideato da Cristina Berlini e organizzato dall’associazione Gremigna, in collaborazione con il Comune di Massa Marittima.

Data di Pubblicazione

06 novembre 2023

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Tre giorni di proiezioni, dal 27 al 29 ottobre, nella città del Balestro, con 8 film in concorso quest’anno, provenienti da Spagna, Italia, Olanda, Inghilterra, Stati Uniti, Svezia e Iran. È stata una bella edizione – sottolinea soddisfatta Cristina Berlinidirettrice artistica del Festival - intensa, profonda e ricca di riflessioni, attraverso sguardi autoriali eterogenei, che hanno raccolto appieno lo spirito militante del Festival, che vuole essere uno spazio di libera espressione ma anche un laboratorio per raccontare esperienze e discutere su cosa significhi essere donne libere oggi. E poi finalmente, con grande piacere per la prima volta dopo la pandemia, siamo tornate a vedere sedute in sala le registe, e questo ci fa immenso piacere.”

“La Città di Massa Marittima con questo Festival celebra il talento femminile nel mondo del documentario - sostiene Irene Marconi, assessora comunale alla Cultura – riconoscendo la potenza del linguaggio cinematografico per raccontare il mondo attraverso lo sguardo delle donne. Ringrazio Cristina Berlini per aver scelto Massa Marittima come sede del Festival, legando il nostro territorio ad un importante progetto culturale, dal valore etico, che contribuisce al fermento culturale della città”.

Ma ecco quali sono i vincitori di questa edizione, premiati con una targa realizzata grazie al sostegno della Commissione Pari Opportunità del Comune di Massa Marittima: la giuria DocuDonna 2023, composta da Nadia Pizzuti e Aline Hervè, ha premiato come miglior documentario italiano: “Fuck feminists. Voci femministe nel mondo della street art” di Erika Segni Alice Rotiroti per il soggetto, che dà spazio alle donne e alle identità non binarie in un mondo molto maschile quale quello della street art; per la scelta del titolo provocatorio e autoironico, subito spiegato all'inizio del film e perché è un documentario che esplora efficacemente l'intreccio tra arte e politica e tra arte e femminismo. Infine, per il ritmo narrativo e il montaggio, che alternano in modo avvincente interventi di artiste ed esperte, con immagini delle opere.

I migliori documentari internazionali sono due in ex aequo: “Be my voice” di Nahid Persson, per la capacità della regista di lasciarsi guidare dalla sua profonda empatia non solo con Masih Alinejad, ma con tutte le iraniane che, grazie alla battaglia dell'attivista sui social hanno trovato il coraggio di ribellarsi contro l'obbligo del velo e le altre costrizioni imposte alle donne dal regime islamico; e “Independent Miss Craigie” di Lizzie Thynne perché il documentario è il frutto di un accurato lavoro di ricerca e montaggio di materiale di repertorio.

Infine, menzione speciale a “Erasmus in Gaza” di Chiara Avesani e Matteo Delbò. È un documentario coraggioso, sia per la scelta del soggetto sia per il contesto in cui è stato girato, dove l'elettricità e i beni essenziali sono razionati e dove si vive sotto la minaccia costante delle bombe israeliane. L'esperienza dello studente di medicina italiano che sceglie di condividere per qualche mese la condizione dei palestinesi di Gaza, la sua vita privata e professionale, i suoi incontri con i gazaui, specie con i suoi coetanei, sono narrati in modo semplice, senza patetismo, accogliendo gli accadimenti giorno dopo giorno, proprio come ci si aspetta da un buon documentario. Un film importante, perché contribuisce a far conoscere la situazione di Gaza, in un momento particolarmente drammatico del conflitto israelo-palestinese.